Le palle. Nel senso di panzane, di ami per abbindolare chi ci casca. In campagna elettorale, si sa, c’è la tendenza a spararle grosse. Roberto Maroni si è presentato in splendida forma, da questo punto di vista, e seguendo l’andazzo generale ha fatto diventare il perno della sua campagna elettorale la storia – anzi no: la vera e proprio palla – del 75% di tasse lombarde trattenute in Regione che, chissà perché, riusciranno a fare arrivare in orario i treni.
Che i treni possano arrivare in orario è senz’altro una buona cosa. Soprattutto in una regione che fuori dalle città più grandi ha territori molto popolosi, territori da cui vengono i lavoratori che ogni giorno fanno avanti e indietro tra casa e ufficio. Ma il tentativo di trattenere il 75% delle tasse non c’entra niente con i problemi dei pendolari (che non sono solo gli orari rispettati, ma anche la complessiva distribuzione dei treni e la loro qualità, per citare altri due temi tra tutti quelli possibili parlando di trasporto).
Una delle tante caratteristiche delle palle è che sono diseducative. Forse funzionano come slogan momentanei, ma alla lunga, e neppure così alla lunga, impediscono di guardare davvero alla realtà, sviliscono ogni discorso e rendono impossibile capire come stanno davvero le cose per poi cambiarle. A volte sono semplicemente inattuabili. Altre volte si basano su vere e proprie falsità.
Partiamo dal metodo: nel caso del 75%, ad esempio, la Costituzione Italiana non sembra essere poi tanto d’accordo. Garantisce infatti a tutti i cittadini italiani gli stessi diritti civili e sociali nel ricevere i servizi per i quali pagano le imposte. La proposta quindi – nel non auspicabile caso di una vittoria di Maroni, nell’ancor meno auspicabile caso che venisse davvero avanzata, cosa che tuttavia difficilmente accadrà – non supererebbe la prova della Corte Costituzionale e verrebbe immediatamente cancellata.
Passiamo poi al merito: quante sono le tasse lombarde che, a oggi, restano sul territorio? Secondo i dati della Banca d’Italia sono, be’, il 78%, stando agli ultimi dati rilevati, comprensivi di interessi. E con questi soldi la Regione deve garantire le spese primarie, che sono: le spese per prestazioni sociali, le spese correnti, gli investimenti in beni e servizi a beneficio dei cittadini e delle imprese lombarde. O crediamo a Roberto Maroni o crediamo alla Banca d’Italia. Oppure hanno ragione entrambi e il candidato leghista vuole rendere a “Roma ladrona” il 3% di tasse…
Quindi, la palla in questione non può andare in buca. Assomiglia di più a un palloncino che lascia andare l’aria e si sgonfia. Vale la pena saperlo prima ed evitare di cascarci, invece che lamentarsi dopo e scoprire che dietro la palla non c’era niente. Che non era stato predisposto nessun piano b perché, semplicemente, non era mai stato predisposto neppure il piano a. A cosa servono i piani, o per meglio dire i progetti, se non si ha un’idea di crescita e di cambiamento veri?
La strada della Lega non è quella giusta per la Lombardia. Piuttosto, occorre riprendere in mano i bilanci, risanarli, inseguire i mille rivoli che prosciugano il budget, tappare le falle. Imparare, con coscienza e buon senso, a dire no. Insomma, impiegare nella maniera corretta le risorse. Cosa che non ci si può aspettare da chi si pone in perfetta continuità con i diciassette anni di governo precedenti, pronto a garantire i garantiti, che a loro volta sono pronti ad aderire alla nuova parte politica, che in questo caso è esattamente la stessa parte politica di prima. Per non cedere di un passo i privilegi.