Perchè Ambrosoli

Siamo reduci da un ventennio che ha accantonato la progettualità a favore delle false promesse, che ha sostituito l’impegnarsi con la propaganda, che ha denigrato la professionalità e proposto l’improvvisazione come se fosse un modo nuovo di affrontare le cose.

C’è chi ha fatto tutto questo a livello nazionale urlando, deridendo, imperversando grazie ai (suoi) media. C’è chi l’ha fatto a livello regionale accogliendo attorno a sé le mezze figure e intanto gestendo il potere fuori dai luoghi deputati. Sia Berlusconi sia Formigoni accomunati da un (dubbio) gusto nell’apparire, dalla bandana alla giacca canarino. Perché vale la pena ripeterlo: quello che contava era quello che si vedeva, non quello che si faceva.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Al di fuori della cerchia del privilegio resta solo una gestione pessima della cosa pubblica.

Umberto Ambrosoli ha un altro stile. È una persona tranquilla, seria, riflessiva. Che ha fatto dell’ascolto e della verifica dei fatti una prassi quotidiana, sia nel suo lavoro di professionista sia nel suo nuovo ruolo di candidato. Gli viene imputato come una colpa un cognome che evoca un pezzo importante della storia d’Italia. E invece anche questo è, semplicemente, un valore. Perché spinge a raccogliere, a modo proprio, un’eredità. Umberto Ambrosoli in questi anni l’ha fatto con un lavoro paziente e quotidiano di testimonianza, fatto di testimonianza civile, di incontri nelle scuole, di piena disponibilità al ragionamento pubblico, soprattutto a favore dei più giovani. In aperta controtendenza con chi vuole apparire, con chi promette la bacchetta magica.

Viviamo in un periodo di confusione forte e di accantonamento di quei valori di dignità e di condotta trasparente che dovrebbero essere presupposti non negoziabili. Umberto Ambrosoli riporta al centro i temi della legalità, del lavoro, dell’onestà e, perché no, del buonsenso. Non lo fa da oggi, lo fa con un percorso coerente negli anni. Ed è senz’altro quello che serve per voltare pagina.

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